Solo qualche giorno fa l’FDA, ovvero la Food and Drug Administration, aveva sollecitato alla cautela relativamente all’applicazione del metodo Zamboni che, come noto, presuppone una correlazione tra la patologia ccsvi e la sclerosi multipla.
L’agenzia non si è pronunciata a sfavore del metodo Zamboni ma ha comunque precisato che s’è bisogno di prove maggiori per capire se in effetti questo metodo di cura possa avere dei benefici per i malati di sclerosi multipla. Dall’America la polemica è rimbalzata in Italia, dove come sempre il dibattito si è diviso tra favorevoli e contrari.
La Fondazione Hilarescere, uno degli enti che ha maggiormente sostenuto la sperimentazione sul rapporto tra ccsvi e sclerosi multipla, ha così commentato il parere della FDA:
“Siamo d’accordo con le raccomandazioni emesse dalla Food and Drug Administration: non bisogna sottoporsi ad interventi e procedure diagnostiche al di fuori di studi in cui i pazienti siano eticamente protetti”.
L’ente americano ha evidenziato nel suo rapporto che non esiste ancora un’evidenza sufficiente sulla correlazione tra le due patologie, in quanto la presenza di ccsvi è stata in molti casi notata anche in persone non affette da sclerosi multipla. Inoltre la FDA aveva espresso dubbi anche circa la sicurezza dell’intervento di angioplastica per le persone affette da sclerosi multipla, sottolineando anche che non sono stati ancora sufficientemente provati i vantaggi derivati da questo tipo di trattamento.
La posizione della FDA è ha ravvivato le polemiche sulle ricerche effettuate dal Prof. Zamboni proprio nell’imminenza dell’avvio della sperimentazione, evidenziando ulteriormente come ci sia ancora molta incertezza sull’attendibilità o meno di questo nuovo metodo di cura.
E’ da precisare però che la FDA non ha messo al bando il metodo Zamboni ma ha solo precisato la necessità di procedere con una certa cautela.
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